La "Psicologia dell'Attesa"




La "Psicologia dell'Attesa: dall'Inconscio all'Assenza",  è un lavoro pubblicato sulla Rivista specialistica di Psicoterapia Esistenziale, "Dasein Journal"  n. 6 / 2016.
Il lavoro considera l'attesa come elemento base della coscienza da cui partire per osservare le varie psicopatologie. 
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Che cos'è l'attesa?
Generalmente pensiamo all’attesa come uno spazio in cui si aspetta qualcosa. A ben vedere però, l’attesa, non è tanto uno spazio in cui si aspetta qualcosa, quanto uno spazio che ci separa da quel qualcosa: essere in attesa significa, anzitutto, essere separati da quel luogo o da quella persona che stiamo aspettando. Ed è proprio grazie a questa separazione, data dall’attesa, che è possibile lo strutturarsi del rapporto tra noi ed il mondo esterno, e quindi della nostra coscienza.
 
L’Attesa e le Psicopatologie
Questa attesa, ovvero questa separazione, tra noi ed il mondo ognuno la gestisce da sé: se questa attesa si allarga troppo avvertiremo un senso di “spaesamento”, tipico dell’ansia e delle fobie, se invece si restringe troppo avremo un senso di “oppressione”, tipico della depressione e delle ossessioni. Quando invece questa separazione la si perde completamente, accade che le cose del mondo invadono il nostro Io, che a quel punto diventa allucinato in quanto non riesce più a tenerle a distanza: è il caso delle psicosi. Le psicopatologie dunque, secondo quest’ottica, derivano dalla perdita della “giusta distanza” tra noi ed il mondo esterno.

Cosa si intende per “mondo esterno “?
Quando si parla di mondo esterno ci si riferisce al mondo esterno interiorizzato, ovvero alla rappresentazione psichica dello stesso: il mondo là fuori è fatto di cose, di oggetti, di persone. Il mondo psichico invece è composto dalle assenze che le cose, gli oggetti e le persone mostrano a loro insaputa. Cosa sono?
Se entro in un ristorante e mi si avvicina un cameriere, lo percepirò immediatamente dentro una storia: so che il cameriere esisteva prima ed esisterà dopo quel momento. La psiche crea automaticamente questo “prima” e questo “dopo”, una sorta di storia sulle cose del mondo, al fine di farcelo apparire coerente. Così come, dice Husserl nel concetto di “appresentazione”, vedendo un lato di una casa, automaticamente costruiamo con la mente anche quei lati che non vediamo al fine di rendercela intera e completa.
L’area dello psichico, dunque, è occupata dalla rappresentazione delle cose ed è caratterizzata dalla dimensione della mancanza: ciò che non abbiamo detto, ciò che non abbiamo fatto, tutto ciò che non siamo mai riusciti ad essere. Queste “assenze” vanno a completare e a strutturare la nostra personale visione del mondo esterno.

La “Psicologia dell’Attesa” come considera l’inconscio?  
Generalmente l’inconscio è descritto come una zona della nostra mente, di cui non siamo consapevoli, contenente le esperienze passate: secondo la nostra ipotesi invece, l’inconscio non contiene tanto il passato quanto l’attesa di poterlo modificare. Essendo però impossibile, ecco che esso diventa il luogo della sofferenza psichica: non soffriamo cioè per quello che ci è accaduto ma per quello che non è accaduto, per quelle parole che non siamo riusciti a dire in quella situazione e per quei gesti che non siamo riusciti a fare in quella determinata circostanza.

La “Psicologia dell’Attesa” come vede il mondo attuale?  
Viviamo in un mondo ipertecnologico, nella società del tutto e subito, che esclude completamente il tempo dell’attesa. Il problema è che questo crea persone sempre più ansiose, irrequiete e soprattutto impulsive: senza attesa infatti è impossibile strutturare uno spazio interno di riflessione, per cui si passa subito al gesto, che il più delle volte è un gesto violento. Ecco perché è importante insegnare ai bambini a “saper aspettare” in quanto se non si impara a ritardare la gratificazione in età infantile non sarà facile poi apprendere l’autocontrollo da adulti.


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NE PARLANO:
 La rivista "Vivere Light" diretta da Janira Majello 
N.106 - Maggio 2017 





IL LAVORO "LA PSICOLOGIA DELL'ATTESA" E' FINALISTA AL PREMIO NAZIONALE DI FILOSOFIA 2018 "LE FIGURE DEL PENSIERO"