Da Valentina Nappi al Sesso d'oggi: Pornografia e Interiorità perduta


Valentina Nappi, giovane pornostar, ospite del convegno  "Popsophia"  esordisce chiedendo al pubblico:  "Chi si masturba? - così pochi? - perché gli altri non alzano la mano?", concludendo che le persone non ammettono di masturbarsi in quanto piene di preconcetti e in quanto la masturbazione è vista da loro, erroneamente, come cosa scadente. Ma le cose stanno davvero così?

La masturbazione non viene celata in quanto "scadente" ma in quanto consente la formazione di un proprio mondo interiore, intimo e solo personale, grazie al quale è possibile tracciare i contorni del nostro Io più profondo.
I ragazzi che iniziano a sperimentare il proprio corpo non diranno mai ai genitori che si masturbano - semmai lo diranno ai loro compagni e amici- e ciò permette la formazione di un mondo interiore non condiviso, ovvero una prima separazione tra sé e il mondo famigliare, che consente loro di strutturare un Io che appartiene solo a sè stessi.
Dunque, si omette di dire che ci si masturba, non per la vergogna (pudore) della masturbazione in sé, ma per non tradire e per proteggere quel nucleo originario di individualità che ha preso avvio proprio dall'atto privato della masturbazione.

Al contrario, l'ammettere che ci si masturba non ci libera da nessun preconcetto, come sembra suggerire la Nappi, ma anzi, ci farebbe perdere la nostra interiorità: senza più uno spazio interno infatti si diventa esteriori, il nostro Io diventa solo ciò che gli altri vedono dove interno ed esterno si mescolano e confondono a discapito della nostra riservatezza, che a quel punto, anziché essere considerata la base del nostro mondo interno, diventa “ipocrisia”.
Tale concetto però è figlio della nostra epoca: abbiamo programmi Tv, social, etc che spingono a divulgare ciò che si sente, ciò che si prova, a diffondere il sesso e l'amore, senza avvisare che divulgando l'amore, si perde l'amore, e con esso anche la nostra identità. 

E forse è proprio dal non considerare ciò che la Nappi si chiede, in un articolo, come mai ancora vadano di moda i film di Mario Salieri, in cui le donne sono succubi e passive. E' vero che l'uomo ha più facilità nell'identificarsi con la scena, in quanto una donna passiva toglie all'uomo il peso di non essere all'altezza e soprattutto la paura di essere umiliato, ma c'è un altro motivo.  Quei film vanno di moda in quanto quella sudditanza mette in evidenza non una coppia che fa sesso,  ma bensì due distinte e separate individualità, in cui l'uomo, ignorando la donna, si comporta come se fosse solo, e questo rende più facile l'identificazione da parte del "singolo" fruitore dall'altra parte dello schermo.

Tutta questa esigenza di divulgazione, e l'illusione che solo il palesare possa rendere felici e liberi, è anche alla base delle tragedie di oggi, raccontate dai giornali, in cui adolescenti urlano in classe, davanti a compagni e professori,  "mi hanno stappata" , felici così di non essere più "sfigate", ignorando però che nel palesare il proprio mondo intimo non si perde solo l'intimità, ma anche le tracce della propria acerba personalità.

Purtroppo si è dimenticato ciò che Eros chiedeva a Psiche:  di far l'amore con lui al buio, senza mai vedere il suo volto e senza mai parlane con nessuno, perché laddove v'è luce e divulgazione, v'è perdita di sé e di quel mondo interiore su cui costruiamo la nostra identità che, non più riconosciuta, assume tutte quelle forme che, ostinatamente, ci prepariamo a combattere. S.C.